
India del nord. Un luogo che colpisce l'anima al primo impatto, che ti ferma il respiro per lunghi istanti, che non ti lascia il tempo per pensare, capire ed elaborare ciò che vedi intorno a te. E' un Paese dai forti contrasti; assapori aromi e deliziosi profumi di cibo speziato a due passi da montagne di spazzatura, incontri vacche pacifiche con sguardo assente al pascolo in mezzo alle strade trafficate, ignare del caos metropolitano che è terrificante, senza regole, i clacson impazziscono incessantemente all'unisono. L'inquinamento acustico è alle stelle e lo smog che ti si impregna addosso, ti sfuma la pelle di grigio. La purezza del Gange alla sua sorgente ad Haridwar, città santa nell'Uttarakhand, è impressionante, almeno tanto quanto appare immondo a qualche chilometro più a sud.
Ad Haridwar affluisce una miriade di pellegrini proveniente da tutte le parti dell’India per propiziarsi il karma bagnandosi nelle sacre acque del Gange. La festività più importante è quella del khumb Mela che si celebra ogni 12 anni. Il 2010 è il dodicesimo anno. Le serate sono magiche e la cerimonia dell’Arati del fuoco, con le offerte al fiume fatte di foglie e fiori intrecciati che ospitano un lumino acceso sul dorso, rilasciati alla corrente del fiume sulle sponde del Gange è un’esperienza unica e irrinunciabile.
I mercati sono sempre aperti per le stradine delle città fino a tarda notte. La vita sociale è continua, in questo non c'è grande distinzione tra giorno e notte. Le strade sono sempre in fermento.
E' un brulicare di sorrisi e sguardi e colori meravigliosi, tinte brillanti che rendono bellissimo anche il più modesto dei tessuti. Povertà consapevole e inconsapevole, bimbi sorridenti ad ogni angolo della strada che ti chiedono più spesso una fotografia rispetto a una rupìa.
Sguardi intensi e profondi che ti conducono all'essenza della vita, che ti accompagnano per mano verso il loro mondo interiore, fatto di dolcezza e pace, così come di sofferenza e povertà materiale. Bellissimi capelli corvini in contrasto con la miriade di vivaci colori tutt'intorno. Templi meravigliosi si stagliano sopra ripide scalinate di marmo bianco...la religione indù non è facile da comprendere, è fatta di rituali ripetitivi come filastrocche, riti e offerte, divinità pagane dai nomi bizzarri...La vera spiritualità di questo Popolo sta nell'accettazione della propria condizione, ogni casta la sua, nella gentilezza delle loro movenze, nella curiosità dei loro sguardi, nella gioia e anche dalla mesta rassegnazione che la crudeltà sociale impone ai più sventurati.
Non vi è organizzazione di alcun genere, a chi governa in fondo fa comodo tenere la gente nell'ignoranza. Non c'è spazio per i rivoluzionari. Non ancora.
E' curioso e buffo il modo di dire "sì" degli indiani, somiglia molto al nostro gesto col capo per dire: "così così". Nella mia breve esperienza indiana non ho ben capito tutti gli aspetti della complessa società e delle varie religioni che fanno parte di questa etnia, ma ne sono molto interessata e sto cercando di approfondire tramite saggi, diari di viaggio e la memoria dei racconti della gente che ascoltavo durante i lunghi tragitti che il mio compagno di viaggio ed io percorrevamo da una città all'altra. Da uno stato e l'altro. Gli indiani sono molto curiosi di conoscere altre culture e usanze, sono molto disponibili ed orgogliosi di raccontare ognuno la propria storia. Quanti racconti su questi lunghissimi treni che io chiamavo "Orient Express", quante lunghe chiacchierate, quante cose ho imparato, quanto scandalo abbiamo destato Mario ed io, quando ingenuamente ci dichiaravamo semplici amici che viaggiavano insieme senza essere sposati!
Tutti i preconcetti e le leggende preconfezionate e molto occidentali hanno iniziato a sfumarsi dopo i primi passi fuori dall'aeroporto. Non hai il tempo di ritrovare te stesso, non hai il tempo di ricordare il tuo nome, non hai il tempo di fermarti a raccogliere le idee. Non basterebbero cento anni per scoprire questo misterioso Paese. Troppo grande, troppo diverso da stato a stato, troppo ricco di TUTTE le cose più semplici della vita. Una cosa è certa, ti puoi rendere conto di quante cose puoi fare a meno.
Ogni città ti apre il suo portone accogliendoti in mille modi diversi: diffidenza, scaltrezza, gioia, dolore, con una gamba storpia poggiata su un asse di legno a rotelle, con stupore, curiosità, emozione...ma sempre con un comune denominatore: lo sguardo diretto negli occhi.
Abbiamo fatto un corso di cucina indiana e ci siamo cucinati il pranzo con quello che avevamo imparato. Abbiamo conosciuto un ragazzino che si è preso cura di noi a Pushkar, si chiama Deepak (credo si scriva così). Abbiamo conosciuto la sua numerosa famiglia. Siamo stati ospiti in casa sua, una baracca con un coperchio sopra, senza porta e senza finestre, ma con un grande calore umano, armonia e unione. Dei due ospiti sono stata la più impavida: ho mangiato il pane offerto (Chapati, Nuun e Puri) e il delizioso tea indiano: MASALA CHAI. L'unica cosa che siamo riusciti a fare per dimostrargli il nostro affetto è stato donare qualche nostro vestito, scarpe e qualche provvista per la sua famiglia. Ci siamo divertiti. Ci siamo ricordati di quanto è prezioso un sorriso nato dal "nulla". Una miriade di emozioni brulicanti ovunque dentro di noi hanno poi trovato spazio nei nostri cuori e lì sono rimaste.
Un colore che attribuisco all'India: Arancione.
Un luogo indimenticabile: Rajasthan.
Un'eperienza da non perdere: una lezione di Hatha Yoga e meditazione ad Haridwar e Rishikesh.
Un suggerimento: Se volete ritrovare voi stessi, fatelo a casa vostra e poi andate a scoprire il mondo.
Un rimpianto: non aver avuto il tempo di scambiare almeno due chiacchiere con quel FIGO indiano dal capello fluente dell'albergo di Udaipur...!
E' un brulicare di sorrisi e sguardi e colori meravigliosi, tinte brillanti che rendono bellissimo anche il più modesto dei tessuti. Povertà consapevole e inconsapevole, bimbi sorridenti ad ogni angolo della strada che ti chiedono più spesso una fotografia rispetto a una rupìa.
Sguardi intensi e profondi che ti conducono all'essenza della vita, che ti accompagnano per mano verso il loro mondo interiore, fatto di dolcezza e pace, così come di sofferenza e povertà materiale. Bellissimi capelli corvini in contrasto con la miriade di vivaci colori tutt'intorno. Templi meravigliosi si stagliano sopra ripide scalinate di marmo bianco...la religione indù non è facile da comprendere, è fatta di rituali ripetitivi come filastrocche, riti e offerte, divinità pagane dai nomi bizzarri...La vera spiritualità di questo Popolo sta nell'accettazione della propria condizione, ogni casta la sua, nella gentilezza delle loro movenze, nella curiosità dei loro sguardi, nella gioia e anche dalla mesta rassegnazione che la crudeltà sociale impone ai più sventurati.
Non vi è organizzazione di alcun genere, a chi governa in fondo fa comodo tenere la gente nell'ignoranza. Non c'è spazio per i rivoluzionari. Non ancora.
E' curioso e buffo il modo di dire "sì" degli indiani, somiglia molto al nostro gesto col capo per dire: "così così". Nella mia breve esperienza indiana non ho ben capito tutti gli aspetti della complessa società e delle varie religioni che fanno parte di questa etnia, ma ne sono molto interessata e sto cercando di approfondire tramite saggi, diari di viaggio e la memoria dei racconti della gente che ascoltavo durante i lunghi tragitti che il mio compagno di viaggio ed io percorrevamo da una città all'altra. Da uno stato e l'altro. Gli indiani sono molto curiosi di conoscere altre culture e usanze, sono molto disponibili ed orgogliosi di raccontare ognuno la propria storia. Quanti racconti su questi lunghissimi treni che io chiamavo "Orient Express", quante lunghe chiacchierate, quante cose ho imparato, quanto scandalo abbiamo destato Mario ed io, quando ingenuamente ci dichiaravamo semplici amici che viaggiavano insieme senza essere sposati!
Tutti i preconcetti e le leggende preconfezionate e molto occidentali hanno iniziato a sfumarsi dopo i primi passi fuori dall'aeroporto. Non hai il tempo di ritrovare te stesso, non hai il tempo di ricordare il tuo nome, non hai il tempo di fermarti a raccogliere le idee. Non basterebbero cento anni per scoprire questo misterioso Paese. Troppo grande, troppo diverso da stato a stato, troppo ricco di TUTTE le cose più semplici della vita. Una cosa è certa, ti puoi rendere conto di quante cose puoi fare a meno.
Ogni città ti apre il suo portone accogliendoti in mille modi diversi: diffidenza, scaltrezza, gioia, dolore, con una gamba storpia poggiata su un asse di legno a rotelle, con stupore, curiosità, emozione...ma sempre con un comune denominatore: lo sguardo diretto negli occhi.
Abbiamo fatto un corso di cucina indiana e ci siamo cucinati il pranzo con quello che avevamo imparato. Abbiamo conosciuto un ragazzino che si è preso cura di noi a Pushkar, si chiama Deepak (credo si scriva così). Abbiamo conosciuto la sua numerosa famiglia. Siamo stati ospiti in casa sua, una baracca con un coperchio sopra, senza porta e senza finestre, ma con un grande calore umano, armonia e unione. Dei due ospiti sono stata la più impavida: ho mangiato il pane offerto (Chapati, Nuun e Puri) e il delizioso tea indiano: MASALA CHAI. L'unica cosa che siamo riusciti a fare per dimostrargli il nostro affetto è stato donare qualche nostro vestito, scarpe e qualche provvista per la sua famiglia. Ci siamo divertiti. Ci siamo ricordati di quanto è prezioso un sorriso nato dal "nulla". Una miriade di emozioni brulicanti ovunque dentro di noi hanno poi trovato spazio nei nostri cuori e lì sono rimaste.
Un colore che attribuisco all'India: Arancione.
Un luogo indimenticabile: Rajasthan.
Un'eperienza da non perdere: una lezione di Hatha Yoga e meditazione ad Haridwar e Rishikesh.
Un suggerimento: Se volete ritrovare voi stessi, fatelo a casa vostra e poi andate a scoprire il mondo.
Un rimpianto: non aver avuto il tempo di scambiare almeno due chiacchiere con quel FIGO indiano dal capello fluente dell'albergo di Udaipur...!
Elena
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